Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato/Azione penale – Corte cost. n. 193 del 2018

A. Capitta

Corte cost

La Corte costituzionale:
1) ha dichiarato ammissibile, ai sensi dell’art. 37, l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore aggiunto presso il Tribunale ordinario di Torino nei confronti della Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, istituita con l. 7 gennaio 2014, n. 1, con il quale si chiedeva dichiararsi che non spettava alla medesima Commissione bicamerale confermare il segreto sul verbale contenente l’audizione, dinanzi alla Commissione, dell’ingegnere Daniele Fortini del 2 agosto 2016, né rigettare la richiesta di desecretazione avanzata dalla Procura di Torino, e con il quale si chiedeva altresì, per l’effetto, di annullare la deliberazione del 3 maggio 2017, che aveva mantenuto la secretazione del resoconto stenografico della seduta del 2 agosto 2016, e di consentire quindi la prosecuzione dell’attività dell’autorità giudiziaria;
2) ha disposto:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla ricorrente Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino;
b) che il ricorso e la presente ordinanza siano notificati, a cura della ricorrente, al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni dall’ultima notificazione, a norma dell’art. 24, co. 3, Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
La vicenda da cui è scaturito il ricorso della Procura della Repubblica di Torino era quella concernente il procedimento avviato in ordine alla querela, proposta dall’on. Stefano Vignaroli, per il reato di diffamazione aggravata in riferimento a un articolo pubblicato sul quotidiano “La Stampa” dal titolo: «Anche Vignaroli finisce nel mirino per le presunte pressioni su Tronca. Commissione Ecomafie e p.m. potrebbero ascoltare il deputato». Nella querela – oltre a lamentare come la giornalista autrice dell’articolo avesse posto arbitrariamente in relazione l’inchiesta c.d. “Monnezzopoli” con quella c.d. “Mafia Capitale” – si addebitava, altresì, alla medesima giornalista il reato di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio, con riferimento ad alcune dichiarazioni segretate rese dall’ing. Daniele Fortini in sede di audizione dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta. La Procura di Torino chiedeva formalmente il 23 giugno 2017 la desecretazione del verbale dell’audizione, rappresentando che quest’ultimo era stato ormai acquisito agli atti del procedimento. A seguito del rigetto, da parte della Commissione, della istanza di desecretazione, la Procura proponeva ricorso, lamentando che la secretazione avrebbe avuto come unico ed esclusivo effetto quello di paralizzare il procedimento penale.
La Corte ha dichiarato ammissibile il ricorso, giacché ha ritenuto esistente la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, sussistendone i requisiti sia soggettivi che oggettivi.
Sotto il profilo soggettivo, i Giudici della Consulta hanno riconosciuto la natura di potere dello Stato al pubblico ministero e, in particolare, al Procuratore della Repubblica, in quanto titolare delle attività di indagine finalizzate all’esercizio obbligatorio dell’azione penale e, parimente, hanno riconosciuto la legittimazione a resistere della Commissione parlamentare di inchiesta, precisando peraltro che, poiché detta Commissione, alla quale vengono attribuiti gli atti oggetto del ricorso e dei quali si chiede l’annullamento, è cessata ex lege dalle proprie funzioni con la fine della XVII Legislatura, la legittimazione a resistere deve ritenersi trasferita in capo al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, in persona dei rispettivi Presidenti pro tempore. Sotto il profilo oggettivo, la Corte ha rilevato come il ricorso sia indirizzato alla tutela della sfera di attribuzioni determinata da norme costituzionali, in quanto la lesione lamentata concerne l’attribuzione, costituzionalmente garantita al pubblico ministero, inerente all’esercizio obbligatorio dell’azione penale e alla connessa titolarità circa lo svolgimento delle attività di indagine, funzionale alle scelte sull’esercizio dell’azione penale.