Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Giudizio abbreviato/Responsabile civile – Corte cost. n. 216 del 2016

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La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 87, co. 3, c.p.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dal Tribunale ordinario di Palermo, ove tale disposizione prevede che l’esclusione del responsabile civile «è disposta senza ritardo, anche di ufficio, quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato».


Secondo il rimettente, la norma censurata violerebbe l’art. 3 Cost., determinando una ingiustificata disparità di trattamento tanto della parte civile che dell’imputato, sul piano delle pretese risarcitorie, rispetto al giudizio ordinario. Violerebbe, altresì, l’art. 24 Cost., compromettendo il diritto di agire in giudizio dei predetti soggetti processuali, nonché l’art. 111 Cost., per contrasto con il principio di ragionevole durata del processo.


La Consulta ha ritenuto la questione non fondata, nel merito. In primo luogo, l’esclusione del responsabile civile dal giudizio abbreviato continua a connotarsi come una scelta non irragionevole – perché anch’essa coerente con gli immutati obiettivi di fondo del rito speciale – effettuata dal legislatore nell’esercizio dell’ampia discrezionalità di cui fruisce nella disciplina degli istituti processuali. Inoltre, secondo la Corte, nessun pregiudizio al diritto di azione della parte civile deriva dalla soluzione legislativa censurata. Infatti, ai sensi dell’art. 88, co. 2, c.p.p., l’esclusione del responsabile civile non pregiudica l’esercizio in sede civile dell’azione risarcitoria. Parimenti insussistente risulta, secondo il Giudice delle leggi, la ventilata violazione del principio di ragionevole durata del processo (art. 111, co. 2, Cost.). La norma denunciata è funzionale, anzi, alla realizzazione di tale obiettivo, in quanto volta a rendere più celere la definizione del processo penale che si svolga con il rito alternativo in questione.


La Corte ha, infine, rilevato come la pronuncia ablativa invocata dal rimettente darebbe adito ad un assetto normativo inaccettabile sul piano costituzionale, in quanto chiaramente contrastante con la garanzia di inviolabilità del diritto di difesa (art. 24, co. 2, Cost.). La rimozione della norma censurata comporterebbe, infatti, che il responsabile civile possa vedersi coinvolto in un giudizio basato – come l’abbreviato – su prove precostituite, alla cui formazione egli non ha partecipato.


                                                                                                          A.C.