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Il nuovo delitto di false comunicazioni sociali (tra law in the books and law in action): cronaca di una discutibile riforma law in the books and law in action

Adelmo Manna

Archivio Penale pp. 487-512
DOI 10.12871/978886741711713
Pubblicato: 01 July 2016


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Riassunto

Il nuovo delitto di false comunicazioni sociali, di cui agli artt. 2621 e 2622 c.c., ha provocato una querelle tra diritto scritto, ancorato agli stilemi tradizionali, cioè ai fatti ed il diritto vivente, tendente, non senza contrasti all’interno della V penale della Cassazione, ad estendere i reati de quo anche alle valutazioni. Il contrasto all’interno della Sez. V penale ha indotto il rinvio alle Sez. un. penali, che, in una importante sentenza, hanno tuttavia “riscritto” la norma, soprattutto abbandonando il linguaggio comune per uno di carattere tecnico, modificando così l’etimologia dei termini utilizzati dal legislatore storico. Il quesito di fondo è se quest’operazione è consentita alla giurisprudenza della Cassazione, oppure dovrebbe essere affidata al legislatore. Nell’opera si forniscono molteplici argomentazioni critiche nei confronti dell’operato della giurisprudenza medesima, con una conclusione scettica sull’avvenire del diritto penale d’ispirazione illuminista.


Sommario

1. Il delitto di false comunicazioni sociali nella sua prospettiva storica. - 2. La riforma del 2002 e l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”. - 3. La riforma del 2015, con la legge del 27 maggio n. 69 ed in particolare il disegno di legge governativo originario e l’emendamento governativo che sostituisce al termine “dati informativi” quello di “fatti materiali rilevanti”, abolendo altresì l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”. - 4. La prima applicazione giurisprudenziale della Cassazione, nel senso di una interpretazione strettamente letterale e quindi di una conclusione nel senso dell’abolitio criminis parziale. - 5. La “reazione” dell’ufficio del Massimario della Corte di Cassazione e la prima sentenza, sempre della V penale della Cassazione, di segno opposto. - 6. La sussistenza di altre due sentenze sempre della V penale della Cassazione, l’una nel senso più attento alla littera legis e l’altra invece più orientata ad una valorizzazione della normativa civilistica di riferimento. - 7. L’intervento delle Sez. un. penali della Cassazione, che riconoscono la rilevanza penale delle valutazioni, ed esprimono il seguente principio di diritto: «le false comunicazioni sociali sussistono laddove vengano violate le norme civilistiche e tecniche di redazione del bilancio, né viene giustificata tale “deviazione”, così inducendo in errore i destinatari del bilancio». - 8. Le osservazioni critiche che si possono muovere alla sentenza in oggetto: a) la modifica del dato letterale, ove i fatti vengono trasformati in dati informativi, l’aggettivo materiali viene interpretato come essenziali e quello “rilevante” viene inteso come idoneo ad ingannare coloro che vengono in contatto con la comunicazione sociale: interpretazione estensiva o analogia?. - 9. (Segue) b) la scelta di una opzione “di sistema”, ove la littera legis viene sacrificata in nome degli effetti che un’interpretazione stricta condurrebbe in ordine alla mancata rilevanza penale di buona parte delle poste di bilancio: si è in presenza di un’operazione puramente nomofilattica, oppure di una precisa scelta di politica criminale?. - 10. (Segue) c Il riferimento alla legislazione nord americana degli anni ’30 del Novecento ed alle direttive comunitarie in materia di redazione del bilancio: dal criterio del costo storico a quello del fair value: il rischio che la norma incriminatrice diventi di carattere sanzionatorio di norme non solo civilistiche, ma addirittura tecniche, cosicché rischiando di far perdere autonomia alla fattispecie incriminatrice. - 11. (Segue) d) L’incentrare il disvalore penale nella violazione delle norme civilistiche e tecniche di redazione del bilancio appare altresì modificare la struttura delle false comunicazioni sociali, da reato di truffa “in incertam personam”, viceversa in un reato di inosservanza e/o inottemperanza. - 12. (Segue) e) La continua evoluzione, anche a livello comunitario, dei criteri di redazione del bilancio, rischia inoltre di comportare una frequente successione di norme extrapenali integratrici del precetto, con tutto ciò che consegue in ordine alla certezza del diritto ed alla chiarezza del dato normativo. - 13) (Segue) f ) Il dilemma se la norma penale debba essere indirizzata a destinatari tecnici, ove pertanto assume una rilevanza decisiva il criterio del cd. vero legale, oppure debba essere comprensibile anche dal comune cittadino, fruitore del bilancio stesso: la mancata differenziazione in tal modo fra bilancio nullo o annullabile da un lato, e bilancio penalmente rilevante, dall’altro. - 14. (Segue) g) In definitiva, con una normativa di fonte giurisprudenziale di tal fatta, assai distante dalla littera legis, e caratterizzata da un rinvio a fonti civilistiche e tecniche di redazione del bilancio, sussiste il fondato rischio che, in sostanza, la decisione sulla colpevolezza o l’innocenza dell’indagato venga assunta non già dal giudice penale, ma, prima ed indipendentemente da quest’ultimo, dal perito d’ufficio o, prima ancora, dal consulente del p.m., in quanto la formula iudex peritus peritorum, in una materia diventata così altamente tecnica, rischia di comportare un controllo puramente logico-formale, privando così il giudice penale della possibilità di un effettivo munus decidendi. - 15. Conclusioni.

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