Pubblicato in: Giurisprudenza di legittimità

Reformatio in peius - Cass., Sez. VI, 14 ottobre 2015, G.P.

corte-di-cassazione.jpg

Fonte immagine: www.cortedicassazione.i

La sentenza in esame premette una disamina riassuntiva dell'estensione del controllo della motivazione nel giudizio di legittimità, che si vuole ristretto all'effettività e non mera apparenza dell'apparato argomentativo, rispetto delle regole della logica, aderenza al principio di non contraddizione, coerenza con gli elementi risultanti dagli “atti del processo. Il primo punto di interesse della decisione risiede nell'enunciazione dei doveri incombenti sul giudice di secondo grado, nel caso di reformatio in peius della sentenza assolutoria resa in prime cure. Osserva infatti la Suprema Corte come il giudice di secondo grado abbia “l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificatamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dimostrandone in modo rigoroso l'incompletezza o l'incoerenza”. Continua la Corte regolatrice, precisando come il giudice del merito debba operare una lettura complessiva delle risultanze processuali, riunendole in una sintesi logica del materiale probatorio, giungendo ad articolare una costruzione razionale e coerente, tale da superare la tesi difensiva ed “approdare sul solido terreno della verità processuale”. Si dilunga infine il Supremo Collegio in ordine all'applicazione, al caso di specie, del principio dell'al di là di ogni ragionevole dubbio. Osserva infatti la Corte come questo imponga al giudice di interrogarsi in merito alla plausibilità di spiegazioni alternative alla prospettazione accusatoria, laddove emergano dall'oggettività delle acquisizioni probatorie. La pronuncia ribadisce che il giudicante deve attenersi ad un metodo dialettico di verifica dell'ipotesi accusatoria, diretto da un lato a superare dubbi intrinseci a quest'ultimo e, dall'altro, ad escludere ipotesi alternative dotate di apprezzabile verosimiglianza e razionalità. Conclude il Giudice di legittimità, osservando come possa addivenirsi a declaratoria di penale responsabilità, soltanto qualora la ricostruzione fattuale, posta a fondamento della decisione, espunga dallo spettro valutativo unicamente eventualità remote, astrattamente formulabili e prospettabili come possibili ma la cui effettiva realizzazione, nel caso in esame, risulti priva e del benché minimo riscontro nelle risultanze processuali e si ponga al di fuori dell'ordine naturale delle cose e dell'ordinaria razionalità umana.